I paesi islamici sembrano essere un quotato argomento di attualità. Ma che cos’è l’Islam? Parlando con alcune persone di mia
conoscenza mi sono resa conto di quanto regni la confusione più totale
sull’argomento. La confusione genera diffidenza e la diffidenza, a sua volta, genera paura.
Certo, si tratta pur sempre di una religione monoteista,
con tutte le sue contraddizioni storiche, etiche e ideologiche. Forse però, andando oltre il dilagante qualunquismo,
provando ad approfondire un argomento che fondamentalmente non conosciamo
affatto, potremmo scoprire dei punti in comune con il nostro modo di pensare e,
qualche volta, una sorprendente modernità.
I miei post sull’Islam non hanno
la pretesa di essere trattazioni esaustive, dal momento che sull'argomento esistono già
tanti testi validissimi (Islam di Alberto Ventura, tanto per nominarne uno). Il mio scopo è quello di mettere in luce alcuni aspetti e, magari, fornire al lettore qualche spunto di
riflessione. Vorrei fare un po’ di chiarezza, in maniera semplice e
lineare, partendo dalle origini, dalle radici, letteralmente. Perché, come avrete
capito, in arabo alla base di ogni cosa c’è una radice trilittera, più raramente
quadrilittera, legata a un determinato campo semantico.
Islàm è il nome verbale
del verbo di IV forma aslama, che vuol dire “sottomettersi a Dio”. Aslama
proviene a sua volta dalla radice S-L-M: salima, verbo di I forma (la
forma basilare dalla quale provengono tutte le altre), vuol dire “essere sano”,
“trovarsi in buono stato”. Da questa
radice deriva anche la parola salàm, “pace”.
E proprio la sottomissione di cui sopra è
il fulcro di tutto: muslim, il musulmano, è colui che si sottomette
incondizionatamente alla volontà di Dio, senza se e senza ma, senza esitazioni,
senza porsi domande, pur sapendo che tra lui e Dio resterà sempre una distanza,
un vuoto incolmabile: nemmeno il più pio credente potrà arrivare neanche
lontanamente a percepire l’ineffabile essenza del suo Allah (letteralmente il
Dio, appunto).
L’Islam è un monoteismo assoluto. Ufficialmente non esistono santi, nonostante, ad esempio, alcuni familiari e compagni del
profeta, che hanno contribuito alla diffusione di questa
religione, siano molto rispettati. Il profeta era un semplice essere
umano, un uomo come tutti gli altri, che non era dotato di particolari capacità
sovrannaturali né era in grado di fare miracoli: era semplicemente stato scelto
da Allah per divulgare il proprio messaggio.
L’Islam nacque nel VII secolo
nella città di Mecca, che all’epoca era un importante centro religioso e commerciale. Fedeli
di tutta la penisola arabica si recavano lì in pellegrinaggio, poiché si dice
che vi si trovassero, disposti attorno alla Ka’ba (edificio di forma cubica tuttora
esistente), gli idoli di tutte le divinità esistenti. Gli abitanti
della penisola arabica erano prevalentemente politeisti, ma non mancavano
cristiani ed ebrei. Erano inoltre presenti i cosiddetti hanìf, persone
che avvertivano la necessità di una religiosità più complessa, più profonda rispetto a quella
dei politeisti, che invece instauravano con le loro divinità una relazione
fondamentalmente utilitaristica.
Il profeta dell’Islam era un hanìf.
Il suo nome era Mohammad (Maometto) e certamente la descrizione delle vicende
della sua vita meriterebbe un capitolo a parte, qui mi limiterò a qualche
accenno utile ai fini della comprensione dell’Islam e delle sue origini. Nato
nel 570 a Mecca, rimasto orfano da bambino, sposatosi all’età di 25 anni con la
ricca vedova Khadija, Mohammad ebbe la prima rivelazione ormai quarantenne,
durante uno dei suoi abituali ritiri sul monte Hira, dove era solito andare a
meditare (era appunto un hanif). A parlargli non fu Dio (Dio è
inavvicinabile e inconoscibile, ricordate?), bensì l’arcangelo Gabriele, che da
allora e per il resto della sua vita gli comunicò il messaggio divino.
In un primo momento Mohammad si
convinse di essere diventato pazzo, così confidò il suo tormento alla moglie Khadija: fu
lei la prima a credergli, nonché la prima musulmana della storia. Dopo di lei, pian piano, altri iniziarono a sostenere la veridicità del nuovo credo, in particolare schiavi e reietti della società. L’Islam predica l’uguaglianza
di tutti i fedeli e l’abolizione della schiavitù: pensate che grande modernità
per l’epoca. Così, Mohammad finì per suscitare diffidenza e inimicarsi i
membri più in vista della società. Fortunatamente godeva della protezione dello
zio Abu Talib.
In un primo momento, le massime comunicate
da Gabriele furono trasmesse oralmente dai fedeli man mano che la piccola
comunità religiosa cresceva (nell’Arabia preislamica la tradizione della trasmissione orale ha
sempre rivestito una grande importanza), poi si incominciò a trascriverle su
materiali di fortuna (cocci, ossa di animali ecc.) e infine, anni dopo la morte
del profeta, questi “versetti” vennero raccolti in un unica versione ufficiale messa per iscritto: il
Corano. Al-Quràn non è solo il libro sacro dell’Islam, è la parola stessa
di Dio, discesa direttamente su Mohammad per tramite dell’arcangelo Gabriele; è unico, inimitabile, intraducibile.
Pertanto, capirete quanto un musulmano rispetti e tenga in considerazione
questo libro e il suo contenuto.
"E questo ancora è rivelazione del Signor del Creato e lo portò lo spirito fedele sul tuo cuore, perché fossi monito agli uomini in lingua araba chiara" (Cor, XVI, 192-195).
Nota: il Corano è diviso in 114 sure (capitoli), a loro volta suddivise in versetti. Quando si cita un versetto viene riportato il numero della sura (in genere in numeri romani), seguito dal numero di versetto.
La fotografia di sopra è stata scattata nella moschea di qualche villaggio sperduto dello Yemen del quale ho dimenticato il nome. Per quanto riguarda il contenuto dell'iscrizione, si tratta della basmala, una formula religiosa onnipresente nelle iscrizioni epigrafiche e nei testi religiosi:
"bismi-llah ar-rahmàn al-rahìm" - "nel nome di Dio clemente e misericordioso".
Il resto nella prossima puntata...
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