mercoledì 6 febbraio 2013

Paura dell'ignoto: l'Islam, parte I


I paesi islamici sembrano essere un quotato argomento di attualità. Ma che cos’è l’Islam? Parlando con alcune persone di mia conoscenza mi sono resa conto di quanto regni la confusione più totale sull’argomento. La confusione genera diffidenza e la diffidenza, a sua volta, genera paura. Certo, si tratta pur sempre di una religione monoteista, con tutte le sue contraddizioni storiche, etiche e ideologiche. Forse però, andando oltre il dilagante qualunquismo, provando ad approfondire un argomento che fondamentalmente non conosciamo affatto, potremmo scoprire dei punti in comune con il nostro modo di pensare e, qualche volta, una sorprendente modernità.


I miei post sull’Islam non hanno la pretesa di essere trattazioni esaustive, dal momento che sull'argomento esistono già tanti testi validissimi (Islam di Alberto Ventura, tanto per nominarne uno). Il mio scopo è quello di mettere in luce alcuni aspetti e, magari, fornire al lettore qualche spunto di riflessione. Vorrei fare un po’ di chiarezza, in maniera semplice e lineare, partendo dalle origini, dalle radici, letteralmente. Perché, come avrete capito, in arabo alla base di ogni cosa c’è una radice trilittera, più raramente quadrilittera, legata a un determinato campo semantico.

Islàm è il nome verbale del verbo di IV forma aslama, che vuol dire “sottomettersi a Dio”. Aslama proviene a sua volta dalla radice S-L-M: salima, verbo di I forma (la forma basilare dalla quale provengono tutte le altre), vuol dire “essere sano”, “trovarsi in buono stato”. Da questa radice deriva anche la parola salàm, “pace”.
E proprio la sottomissione di cui sopra è il fulcro di tutto: muslim, il musulmano, è colui che si sottomette incondizionatamente alla volontà di Dio, senza se e senza ma, senza esitazioni, senza porsi domande, pur sapendo che tra lui e Dio resterà sempre una distanza, un vuoto incolmabile: nemmeno il più pio credente potrà arrivare neanche lontanamente a percepire l’ineffabile essenza del suo Allah (letteralmente il Dio, appunto).

L’Islam è un monoteismo assoluto. Ufficialmente non esistono santi, nonostante, ad esempio, alcuni familiari e compagni del profeta, che hanno contribuito alla diffusione di questa religione, siano molto rispettati. Il profeta era un semplice essere umano, un uomo come tutti gli altri, che non era dotato di particolari capacità sovrannaturali né era in grado di fare miracoli: era semplicemente stato scelto da Allah per divulgare il proprio messaggio. 
L’Islam nacque nel VII secolo nella città di Mecca, che all’epoca  era un importante centro religioso e commerciale. Fedeli di tutta la penisola arabica si recavano lì in pellegrinaggio, poiché si dice che vi si trovassero, disposti attorno alla Ka’ba (edificio di forma cubica tuttora esistente), gli idoli di tutte le divinità esistenti. Gli abitanti della penisola arabica erano prevalentemente politeisti, ma non mancavano cristiani ed ebrei. Erano inoltre presenti i cosiddetti hanìf, persone che avvertivano la necessità di una religiosità più complessa, più profonda rispetto a quella dei politeisti, che invece instauravano con le loro divinità una relazione fondamentalmente utilitaristica.

Il profeta dell’Islam era un hanìf. Il suo nome era Mohammad (Maometto) e certamente la descrizione delle vicende della sua vita meriterebbe un capitolo a parte, qui mi limiterò a qualche accenno utile ai fini della comprensione dell’Islam e delle sue origini. Nato nel 570 a Mecca, rimasto orfano da bambino, sposatosi all’età di 25 anni con la ricca vedova Khadija, Mohammad ebbe la prima rivelazione ormai quarantenne, durante uno dei suoi abituali ritiri sul monte Hira, dove era solito andare a meditare (era appunto un hanif). A parlargli non fu Dio (Dio è inavvicinabile e inconoscibile, ricordate?), bensì l’arcangelo Gabriele, che da allora e per il resto della sua vita gli comunicò il messaggio divino.

In un primo momento Mohammad si convinse di essere diventato pazzo, così confidò il suo tormento alla moglie Khadija: fu lei la prima a credergli, nonché la prima musulmana della storia. Dopo di lei, pian piano, altri iniziarono a sostenere la veridicità del nuovo credo, in particolare schiavi e reietti della società. L’Islam predica l’uguaglianza di tutti i fedeli e l’abolizione della schiavitù: pensate che grande modernità per l’epoca. Così, Mohammad finì per suscitare diffidenza e inimicarsi i membri più in vista della società. Fortunatamente godeva della protezione dello zio Abu Talib.

In un primo momento, le massime comunicate da Gabriele furono trasmesse oralmente dai fedeli man mano che la piccola comunità religiosa cresceva (nell’Arabia preislamica la tradizione della trasmissione orale ha sempre rivestito una grande importanza), poi si incominciò a trascriverle su materiali di fortuna (cocci, ossa di animali ecc.) e infine, anni dopo la morte del profeta, questi “versetti” vennero raccolti in un unica versione ufficiale messa per  iscritto: il Corano. Al-Quràn non è solo il libro sacro dell’Islam, è la parola stessa di Dio, discesa direttamente su Mohammad per tramite dell’arcangelo Gabriele; è unico, inimitabile, intraducibile. Pertanto, capirete quanto un musulmano rispetti e tenga in considerazione questo libro e il suo contenuto.

"E questo ancora è rivelazione del Signor del Creato e lo portò lo spirito fedele sul tuo cuore, perché fossi monito agli uomini in lingua araba chiara" (Cor, XVI, 192-195).

Nota: il Corano è diviso in 114 sure (capitoli), a loro volta suddivise in versetti. Quando si cita un versetto viene riportato il numero della sura (in genere in numeri romani), seguito dal numero di versetto.

La fotografia di sopra è stata scattata nella moschea di qualche villaggio sperduto dello Yemen del quale ho dimenticato il nome. Per quanto riguarda il contenuto dell'iscrizione, si tratta della basmala, una formula religiosa onnipresente nelle iscrizioni epigrafiche e nei testi religiosi: 
"bismi-llah ar-rahmàn al-rahìm" - "nel nome di Dio clemente e misericordioso".


Il resto nella prossima puntata... 


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